Le indulgenze sono particolarmente legate alla celebrazione dell’Anno Santo. Le origini bibliche del giubileo identificano questo un periodo come un tempo in cui il popolo di Dio godeva di remissioni economiche e sociali tradotte, dal cristianesimo, nel perdono «pienissimo» di tutti i peccati (DS 868) come espressione della misericordia di Dio.
Questo tesoro di grazia, che la Chiesa chiama indulgenza, è un dono straordinario: rimuove davanti a Dio la pena per i peccati commessi. La ferita che quelle mancanze hanno inferto nel cuore del singolo e in tutto il Corpo Mistico, rimane, difatti, anche dopo la Confessione. È allora che l’inestimabile dono delle indulgenze permette di «curare» tale lesione nell’anima qui sulla Terra o parzialmente o in modo totale. L’indulgenza allarga anche lo sguardo e il cuore, perché è applicabile non solo a se stessi ma anche ai defunti, che non possono più meritare nulla per sé. Ci sono tre condizioni per ottenere tutto questo: accostarsi al sacramento della Confessione, ricevere l’Eucarestia e pregare secondo le intenzioni del Papa un Padre nostro e un’Ave Maria, anche se si possono aggiungere altre orazioni.
In ogni Giubileo, la Chiesa apre in modo speciale questo “forziere di misericordia”, attinto dai meriti di Cristo e dei santi: miriadi di fedeli passano per la Porta Santa e, adempiendo le suddette condizioni, ricevono per sé o per i loro cari defunti un flusso inarrestabile di grazia, che fa riprendere il cammino della vita sollevati dal peccato e abbracciati dalla misericordia divina. Pensando a questo dono immenso, ritornano le parole del canto pasquale dell’Exsultet, con cui si può veramente esclamare: «felice colpa», che ha meritato tanta gioia, tanto sollievo, tanta sicurezza di salvezza eterna e di perdono senza confini.